venerdì, maggio 11, 2012

La scienza e lo spettacolo: ITIS Galileo, l'infinito e la divulgazione


       Ho avuto occasione di vedere lo spettacolo di Paolini, ITIS Galileo. Straordinario, come molti hanno già scritto quasi ovunque. E infatti non è sulla qualità dello spettacolo che voglio ragionare, ma su alcuni commenti apparsi subito dopo, del genere: “Parlare di scienza in televisione ad un vasto pubblico si può” oppure “Non è vero che la scienza annoia” e via dicendo. Intendiamoci, io sono stato contentissimo di vedere Paolini, mi chiedo solo se questo sia “parlare di scienza”, o meglio: è questa divulgazione scientifica?


        Io non ne sono sicuro.
     Possiamo per esempio considerare divulgazione “A beautiful mind”, il film che narra la vita del matematico John Nash? Io penso che sia leggitimissimo per chi lavora nel mondo dello spettacolo inspirarsi ad eventi scientifici, anzi, lo ritengo auspicabile, vorrei solo valutare se questa debba essere la direzione che gli scienziati devono prendere nel processo di divulgazione.


        Vorrei fare un altro esempio, proprio tratto da Famelab.
      Il primo classificato per voto del pubblico (nonché terzo dalla giuria tecnica), Lorenzo Schmidt, ha, secondo me, sicuramente messo in scena la più bella rappresentazione della serata. I suoi 3 minuti sull’infinito sono stati poetici ed spettacolari; Lorenzo ha presentato un bel pezzo di drammaturgia, ma proprio la drammaturgia è stato l’elemento principale che ha dato valore alla sua performance e non l’aspetto divulgativo. Lorenzo ha aiutato il pubblico ha visualizzare l’infinito, ha mostrato come questo concetto arrivi a sfuggire alla nostra mente, ma ha realmente portato al pubblico conoscenze sull’infinito che il pubblico non aveva prima?


       Per carità, affascinare il pubblico con un tema scientifico è meglio che farlo parlando di calcio, ma non sono sicuro che sia questo ciò che gli scienziati devono fare per essere divulgativi.
       Nessuna certezza però per ora, ma solo uno spunto di riflessione.

9 commenti:

  1. Massimiliano Trevisan11 maggio, 2012 13:04

    Accetto volentieri di partecipare alla disccusione del discussore, come fosse il commento tecnico del lunedì sera. Concordo su Paolini, ma non completamente su Lorenzo. Il meccanismo con cui ha raccontato la costruzione dei diversi ordini di infinità, la cardinalità degli infiniti, il concetto stesso di infinito come limite riproducono esattamente il ragionamento di tipo matematico che porta alle definizioni: "infinito come il numero più grande... dici 500, noo di più, dici 5000 noo di più" equivale secondo me esattamente alla affermazione " per ogni n esiste un numero m maggiore di n" e "infinito = m ". La scelta è stata di non usare mai, o quasi, le parole con cui solitamente si tratta l'argomento. Non tutta la sua presentazione è stata densa di contenuti, ma c'è stato un momento, quello centrale, in cui effettivamente veniva descritto un processo razionale, sicuro non di attualità scientifica dato che la ricerca sull'infinito, a quel livello quantomeno, e di metà-fine Ottocento, ma che apporta un contenuto scientifico.
    Il bello spettacolo di Paolini invece è una narrazione teatrale semmai di storia della scienza (ma neanche poi tanto) e di storia biografica. Ma del resto non credo che Paolini, che è uomo onesto, abbia mai pensato di fare divulgazione scientifica, semmai è la miseria intellettuale di molti giornalisti che non sanno distinguere le cose, che basta dire la parola "telescopio!" ed è subito divulgazione.

    Vai con le altre analisi!

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  2. Grazie del tuo commento. Forse per mia ignoranza matematica (non vorrei aver frainteso), ma se mi può andare la definizione di infinito 'intuitivizzata' ( c'è sempre un m maggiore di n e quindi definiamo l'infinito come limite), è proprio nella diversa cardinalità che secondo me è mancato il giusto approfondimento. Infinito, Infinito al quadrato,cubo o n ricadono sempre all'interno degli infiniti numerabili, cioè con la stessa cardinalità (Aleph-zero), quindi se il pubblico pensasse che due infiniti sono maggiori di uno avrebbe ora si ritroverebbe con un concetto sbagliato. Fra l’altro la prima cosa sorprendente dell’infinito è proprio questa, che un infinito che appare maggiore di un altro può invece avere la stessa cardinalità. E' mancato secondo me poi il salto agli infiniti non-numerabili.
    Per questo ho scritto che Lorenzo è stato bravissimo ad aiutare a visualizzare l’infinito (la metafora della platea è stata brillante), a dare al pubblico l’emozione di sentirsi nella propria mente il più vicino possibile al concetto di infinito, ma, magari con un paio di minuti in più, si sarebbero potuti affrontare con la stessa efficacia tutti quei concetti contro-intuitivi che rendono l’infinito matematico affascinante.
    Nel tentativo di costruire una modalità di divulgazione che unisca l’educational al notiotainment, forse una certa attenzione la si può mettere in questo costrutto: brillante performancer + concetto contro intuitivo. Su questo vorrei elaborare un po’ di più in seguito.

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    1. Massimiliano Trevisan14 maggio, 2012 20:03

      Io penso che la completezza non sia necessariamente un bene. Anzi. Spesso nella divulgazione rischia di essere un male. A me piace pensare al buon comunicatore della scienza con una metafora, quella della guida alpina. Come una guida alpina deve condurre persone dalle preparazioni fisiche più varie. Può avere gruppi di amatori, gruppi misti o gruppi di turisti della domenica ma la buona guida sa che deve far tenere il passo al meno preparato del gruppo. Sa che se ad un certo punto accelera perchè vuole arrivare sopra a quel pendio dove c'è la visuale più bella di tutta la gita, probabilemente qualcuno arriverà troppo affaticato per godersi il panorama. Secondo me apprendere è sempre un processo lento, con alcune rare brusche accelerazioni. Ciò che pare interessante ad uno sguardo allenato potrebbe non essere minimamente visibile a qualcuno che ne è a digiuno. Restando all'infinito di Lorenzo, credo che le cose controintuitive, per essere sorprendenti, devono essere prima intuitive, altrimenti lo stupore non viene fuori. Detto ciò, un errore o quantomeno una scelta rischiosa, secondo me Lorenzo l'ha fatta ed è quello di caricare molto una parola: "potente". E' una parola comune e se il significato rimanesse solo quello comune nessun problema; ma "potente", "potenza" ha un significato di gergo matematico che però in quel caso è errato. Grosso, spesso, massiccio, robusto, sono tutte parole che non sarebbe risultate così ambigue. A questo punto l'analisi tecnica mi sembra stia arrivando ad un livello eccessivo.
      Dico ancora una banalità. E' difficile dire in assoluto se una cosa è divulgazione scientifica o no. Forse è più facile mettendo a confronto, valutare se una cosa ha più contenuto scientifico di un'altra.

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    2. Grazie Massimiliano per gli spunti. Penso che a questo punto scriverò un nuovo post, così da non poter condividere le interessanti osservazioni proposte.

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  3. Lorenzo Schmidt11 maggio, 2012 17:28

    Carissimo Matteo, tu hai colto in pieno il piccolo rimpianto della mia improvvisazione, così come Massimiliano ha saputo spiegare perfettamente la mia idea di fondo. L'intento nel "creare" questi tre minuti, come mi sembra sia chiaro, è stato quello di dare un giusto bilanciamento tra contenuti scientifici (l'infinito razionale della matematica) e l'inevitabile fascino irrazionale (l'infinito del sognatore, del filosofo, dell'artista...). Questo bilanciamento ovviamente può essere sottoposto al vaglio della soggettività e chiunque avrebbe potuto/voluto mettere sui piatti della bilancia un po' più di scienza o un po' più di sana follia.
    Una cosa è certa, mi è davvero dispiaciuto, come avevo detto anche a Matteo, non riuscire a inserire nei tre inesorabili minuti le bellissime evoluzioni della teorie matematiche sulla cardinalità degli infiniti da Cantor in poi. Purtoppo, sottoponendo al giudizio di un campione eterogeneo di spettatori le mie idee, questa mi è apparsa come la migliore presentazione possibile di questo tema per unire efficacia, concretezza, divulgazione e capacità di incuriosire. Spero proprio che un giorno qualcuno, magari io stesso, con qualche minuto in più, vi parlerà anche di Cantor, della potenza infinita del continuo, degli infiniti Aleph e del paradosso di Russel...e allora per i nostri cervelli saranno davvero dolori!! :)

    Un'ultima cosa...a differenza di molte altre scienze che hanno calcato il palcoscenico di FameLab io mi sono fatto portavoce della matematica, quella che credo abbia al giorno d'oggi il peggior rapporto fascino/nozioni conosciute. Molti hanno orecchiato nei loro studi tante tante cose di matematica, ma quasi tutti l'hanno affrontata in una maniera così sterile da far disamorare anche le menti più tenaci e brillanti. Forse anche la consapevolezza di questo, con la volontà di ricordare a tutti la bellezza di una scienza così incontrovertibilmente razionale e folle nello stesso tempo, mi ha portato a far spostare un po' l'ago della bilancia della mia presentazione. A ripulire dal nozionismo (con piacere) e dall'approfondimento (a malincuore), sicuramente più di quanto avrei fatto sviscerando altri temi.

    E infine grazie per tutto, soprattutto per le critiche, a Matteo. Tutto questo fa crescere in consapevolezza tanto di chi divulga la scienza quanto di chi, volentieri, la ascolta. Insomma chiunque ha voglia di mettercisi in gioco.

    A presto!

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    1. Caro Lorenzo, potremmo un giorno anche dare un seguito alle nostre velleità divulgative. Così per dire, un bel canale youtube: (Fame)lab pills (se Frank ci desso l'ok per il nome). Un bel videoblog, tema a scelta, tempo a scelta (ma < 10min comunque), che dici?

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    2. Lorenzo Schmidt12 maggio, 2012 13:20

      Sei tu il mio manager. Non potrei rifiutare nessuna tua proposta lo sai!
      A parte gli scherzi, una cosa del genere, se strutturata con chiarezza e con criterio potrebbe essere veramente interessante e utile. La macchia d'olio dello svecchiamento e dell'entusiasmo scientifico non deve smettere di allargarsi. Se tra le mille cose da fare riusciamo a organizzarci, io ci sto dentro!

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  4. Anche io ero rimasto negativamente colpito guardando la presentazione di Lorenzo che diceva che N^2 è "più potente" di N... poi mi ha chiarito che intende la dominanza asintotica, e non maggiore cardinalità.

    Certo, coincidenza vuole che proprio ieri io mi sia trovato a spiegare, durante un viaggio in macchina, a dei miei amici tutt'altro che esperti matematici il concetto di cardinalità, ed è vero che la "trattazione" aveva preso 15 minuti e non 3, ma è anche vero che il discorso era iniziato con "Cos'è il teorema di incompletezza di Godel?"...
    Insomma, non penso che il fatto che un risultato matematico ci sia costato ore di studio significhi che non se ne possa dare un'idea in 3 minuti!


    Ma mi piacerebbe tentare una risposta generale al dubbio amletico iniziale di Matteo: secondo me il punto non è semplicemente se gli spettatori di Lorenzo ora sanno qualcosa di più, ma anche se sono più affascinati di prima.
    E la cosa che deve essere chiara ai divulgatori è che la buona divulgazione non è prendere qualcosa di palloso e raccontarlo in modo spiritoso (cosa che altri partecipanti del Famelab hanno fatto pari pari), ma fare scorgere ai "divulgati" la bellezza stessa della scienza.
    Lorenzo secondo me in parte l'ha fatto: soprattutto nella sua prima presentazione che ho visto, in cui ripercorreva l'evoluzione dei numeri in modo (storicamente impreciso, ma) affascinante perché la faceva veramente apparire una conseguenza della necessità di ogni uomo (una risposta alle "domande").
    In questa, l'ha fatto un pochettino meno, nel senso che gli spettatori non hanno imparato nulla di "stupefacente" (in fondo che "in un qualche senso" N^2 cresca più di N è ovvio...)

    ciao

    Pietro

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    1. Caro Pietro,

      grazie per l'efficace commento.
      Sono d'accordo con te quando dici che la buona divulgazione deve affascinare, ma, per quanto necessario, non credo sia anche sufficiente. L'affascinamento della performance divulgativa diventa importante quando il presupposto da cui si parte è che chi è affascinato poi cercherà poi altre fonti dove arricchire il suo saper. Recentemente mi sono venuti molti dubbi su questo assunto; infatti molto spesso l'ascoltatore non ha tempo poi di approfondire, è distratto dalle mille cose che gli vengono proposte nel giorno, ha altro da fare e quella fascinazione subita rischia di restare solo un bel ricordo. D'altra parte, chi invece si prendesse la briga di andare a comprarsi un libro sull'argomento è probabilmente parte di un tipo di pubblico che autonomamente si informa, e che non ha proprio bisogno di divulgazione nel senso che se la va a cercare da solo.
      Invece è proprio (e solo) nel momento della fascinazione che diventa possibile trasmettere efficacemente concetti con cui se no l'ascoltatore medio potrebbe non venire mai in contatto. Quindi in sintesi, è necessario affascinare, ma quando lo si fa, non bisogna dimenticarsi di educare.

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